Il 24 maggio prossimo nella Cattedrale di Aversa, il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, rappresentante del Papa Francesco, beatificherà padre Mario Vergara, missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), e il catechista Isidoro, martiri della fede cristiana. P. Vergara sarà il terzo missionario del PIME, tra quelli che hanno lavorato in Birmania (oggi Myanmar), ad essere beatificato, dopo i padri Paolo Manna (1872-1952, beatificato nel 2001) e Clemente Vismara (1897-1988, beatificato nel 2011).
Mario Vergara nacque a Frattamaggiore (provincia di Napoli e diocesi di Aversa) il 16 novembre 1910 da Gennaro Vergara e Antonietta Guerra e fu allevato fuori casa da una nutrice, Maria Pietrasanta di Caivano. La famiglia Vergara aveva una ben avviata industria di canapa che dava lavoro a un centinaio di operai. Il piccolo Mario ricevette il battesimo il 18 novembre 1910 nella chiesa di S. Sossio M., dal sac. Luigi Costanzo, ad appena due giorni dalla nascita, secondo i buoni usi locali, mentre la cresima venne ritardata al 28 agosto 1927 e gli fu conferita nella chiesa di S. Restituta a Napoli da S.E. mons. Giuseppe Alessio, vescovo titolare di Sidone, il padrino fu mons. Raffaele Di Biase.
Il 5 ottobre del 1921 entrò nel seminario di Aversa. In quel tempo a Frattamaggiore, c’erano dei zelantissimi sacerdoti che curavano con impegno le vocazioni al sacerdozio ministeriale: mons. Raffaele De Biase, parroco di S. Sossio (1917-1948), don Marco Farina, parroco di S. Maria Annunziata e S. Antonio (1938-1950), don Gennaro Dente. Il ragazzo era un tipo esuberante. ‹‹Chi lo conobbe adolescente, – si legge nel ricordino diffuso in occasione della sua morte – ammirò in Mario uno spirito avventuroso››. Una trentina d’anni dopo la morte, mons. Michele di Cristoforo di lui scriveva: ‹‹Lo ricordo ancora, mi sembra di vederlo là, seduto, irrequieto, sul banco della prima ginnasiale del nostro Seminario diocesano, allorquando parlavo ai seminaristi dell’eroismo e dei sacrifici dei missionari. Allora egli si faceva più attento, mentre gli occhi lampeggiavano, si inumidivano dicendo di voler essere un missionario››. Don Gennaro Auletta testimoniava: ‹‹Quando entrò nel seminario di Aversa, nessuno di noi credeva alla sua “vocazione”. Quell’ambiente severo, antidiluviano per tanti motivi, non pareva fatto per lui. I superiori neanche credevano che potesse riuscire a “farsi prete”. Dalla sua parte aveva una posizione finanziaria, un carattere che allora chiamavamo ribelle, perché troppo aperto e senza infingimenti e soprattutto un’aria sbarazzina. Ma il cuore era sano, come si conservò sempre sano. Non credo che abbia mai subito crisi. Se una crisi ci fu, avvenne quando si intestardì a diventare missionario e contro di lui stava invece la malattia, che superò, ma che gli restò sempre attaccata nelle sue conseguenze. Proprio in quel tempo, infatti ebbe una pericolosa peritonite››.
All’inizio dell’anno scolastico del 1927 passò da Aversa al seminario regionale di Posillipo, nonostante che Aversa avesse i corsi completi di liceo e teologia. L’anno seguente riuscì a farsi raggiungere dall’amico frattese Gennaro Auletta il quale testimoniava che ‹‹se c’era da far chiasso e fracasso, era sempre tra i primi; e se c’erano da escogitare iniziative per il circolo missionario era ancora tra i primi; come era tra i primi in cappella››.
Da una quindicina d’anni il problema missionario si era cominciato a proporre ai cattolici italiani con le varie iniziative del P. Manna, attraverso la stampa specializzata: Le Missioni Cattoliche per sacerdoti e persone di media cultura, Propaganda missionaria per il popolo, Italia missionaria per i giovani e soprattutto con la fondazione dell’Unione Missionaria del clero, che, in certo senso, mobilitò i sacerdoti per una capillare opera di penetrazione nei fedeli. La Chiesa ebbe la ventura di avere due grandi papi missionari: Benedetto XV (1914-1922) e Pio XI (1922-1939), che non lasciarono sfuggire nessuna occasione per richiamare tutta la Chiesa al dovere dell’evangelizzazione universale. Le iniziative si moltiplicarono dappertutto, sia nei paesi cattolici, sia nelle missioni, dove si intensificò la formazione del clero autoctono, si ebbero i primi vescovi indigeni dell’età contemporanea, ordinati in S. Pietro da Pio XI nella festa di Cristo Re del 1926.
La diocesi di Aversa viveva con entusiasmo l’opera missionaria, per l’attività del vescovo, mons. Settimio Caracciolo (1911–1930), ultimo direttore spirituale del famoso Collegio dei cinesi di Napoli e di alcuni sacerdoti diocesani, quali il parroco Dell’Aversana–Orabona, il canonico Galiero, il canonico Grassia. In quegli stessi anni, P. Manna aveva fondato il seminario delle missioni estere a Ducenta sorto, però, per lo zelo e la generosità del canonico Grassia.
Mario Vergara l’11 agosto 1929 rivolgeva la domanda al P. Manna, allora superiore generale del PIME, per essere ammesso nell’Istituto; in quella stessa data, i genitori davano il loro consenso, perché il figlio passasse da Posillipo al seminario liceale del PIME di Monza.
Il parroco di S. Antonio in Frattamaggiore, don Marco Farina, scriveva al P. Manna: ‹‹Credo che nel Vergara l’Istituto troverà, di che avvalersi per la gloria di Dio e per il bene degli infedeli. Egli ha compiuto gli studi ginnasiali nel seminario di Aversa e il 1° corso liceale nel seminario regionale di Posillipo. Alla metà del secondo corso liceale dovette ritirarsi a casa per ragione di salute. Rimessosi dalla lieve infermità ha proseguito fino ad ora gli studi privatamente, e adesso sarebbe il caso di dare gli esami nell’Istituto per il 3° corso››. Fu così inviato a Monza e ammalatosi di pleurite dovette tornare in famiglia e al seminario di Posillipo tenuto dai gesuiti. Nell’estate del 1933, superati i problemi di salute, venne riammesso nel PIME e il 1° agosto del 1934 emise il giuramento perpetuo di fedeltà all’Istituto e gli venne comunicata la destinazione: Toungoo sulle aspre montagne della Birmania orientale. Il 5 agosto ricevette il suddiaconato nella parrocchia di Sovico (MI) dal cardinale Ildefonso Schuster; il 24 agosto veniva ordinato diacono a Bergamo da mons. Luigi Marelli e il 26 dello stesso mese il cardinale Schuster gli conferiva il presbiterato nel paese di Bernareggio (MI). Celebrò la sua prima messa a Frattamaggiore: aveva 24 anni quando fu ordinato sacerdote.
Don Davide Sglavo – Arturo Formola