Lettera del Vescovo Angelo Spinillo ai fratelli nella fede ed agli uomini di buona volontà
Anno pastorale 2013 – 2014
Ai carissimi confratelli nel sacerdozio,
ai Diaconi ed ai Religiosi e Religiose,
ai Seminaristi,
al popolo di Dio che è nella Chiesa Diocesana di Aversa.
Alle Autorità civili del territorio,
alle Associazioni di cittadini impegnati nella vita sociale.
Chiamati a custodire la vita
Nel corso di quest’ultimo anno pastorale più volte abbiamo avuto occasione di ritrovarci in dialogo sul difficile tema dell’ambiente e della vivibilità del nostro territorio. Raccogliendo le riflessioni e le proposte degli Uffici pastorali della Curia Diocesana e dei confratelli impegnati nella proposta di attenzione alle difficoltà della situazione, desidero ora proporre qualche riflessione che ci aiuti a riassumere gli sviluppi del discorso ed a continuare con migliore intensità e motivazione il cammino che abbiamo davanti.
La vitalità dell’amicizia che ci accomuna nella speranza, mi permette di pregarvi di accogliere questo desiderio di dialogare con voi e con tutti coloro con i quali sento di condividere la preoccupazione e la sollecitudine per la vita della nostra terra e della nostra gente.
Non è un caso che questo nostro discorso sull’ambiente della terra in cui viviamo e sulle nostre responsabilità di custodia del dono di Dio, avvenga in pieno tempo di estate, quando la natura ci fa sentire la sua forza e la sua protezione. Forse, come in ogni stagione, nell’estate maggiormente sperimentiamo la vitalità potente del creato nella luce e nel calore che avvertiamo come ricchezza di tante possibilità di vita. E, tuttavia, spesso il calore vitale della stagione sembra poi tanto forte da stancarci e quasi piegarci in un desiderio di refrigerio e di riposo che l’accoglienza della stessa natura ci offre.
Rendiamo grazie per tutto al Creatore che, come figli sempre partecipi dell’opera del Padre, ci chiama ad essere suoi collaboratori nel custodire la vita.
Un anno intenso di impegno
Lo scorso venerdì 5 luglio, un’ampia pagina del quotidiano “Avvenire”, a cura dei giornalisti A.M. Mira e P. Ciociola, ha ricordato all’Italia intera che è trascorso un anno dal momento in cui, grazie anche al loro impegno professionale, il grido della nostra terra è stato finalmente raccolto e, dallo stesso giornale, è stato proposto all’attenzione dell’opinione pubblica e delle diverse Istituzioni di Governo.
Se oggi, con soddisfazione, possiamo dire che in questo anno non è passato un giorno senza che sia stata sollecitata l’attenzione e la sensibilità di tutti sul drammatico sviluppo dei “roghi tossici”, purtroppo, con grande tristezza, dobbiamo anche dire che non è passato un giorno senza che siano state registrate ulteriori scoperte di interramento e sversamento illegale di rifiuti, senza dover evidenziare ancora di più la gravità dell’inquinamento ambientale della nostra terra e la drammaticità delle sue ricadute sulla salute e sulla vita della nostra gente.
E’ trascorso un anno che, in termini statistici, ha visto il delinearsi di un drammatico scenario di dati negativi che hanno documentato in maniera sempre più scientifica le cause delle sofferenze e di tanta mortalità cui, impotenti, assistiamo ogni giorno.
E’ trascorso un anno in cui il rimbalzarsi dei risultati di analisi e di studi di ricerca ci ha posto tante domande che sono, poi, rimaste come ombre dense di incertezza sulla possibilità di guardare con fiducia al futuro.
E’ trascorso un anno nel quale, come avendo dimenticato l’antica, splendida denominazione di “Campania felix”, ci siamo abituati a parlare della nostra terra indicandola, ora, con la triste definizione di “terra dei fuochi”.
“Siamo preoccupati. Molto. La nostra terra è stata imbottita di fanghi tossici e veleni”, ha scritto Don Maurizio Patriciello che, come efficace interprete delle tante domande e del desiderio di speranza della nostra gente, si chiede: “Come abbiamo potuto? Come è stato possibile?… Assistiamo a un aumento esponenziale di patologie tumorali. Muoiono i nostri cari. Muoiono i bambini dopo sofferenze atroci. Non possiamo più tacere. Se lo facessimo saremmo complici del male. Come sentinelle, occorre gridare «allarme!»”.
E’, però, trascorso un anno anche intenso di partecipazione e di impegno, un anno che ha visto lo sviluppo di un dialogo vivo tra i cittadini e le istituzioni responsabili della vita pubblica a livello locale, nazionale ed europeo. Per questo sento di dire un sincero ringraziamento alle Associazioni di cittadini, ai confratelli Sacerdoti ed alle Comunità parrocchiali, come anche ai Sindaci ed ai Consigli comunali, ai Medici che operano sul territorio ed ai Ricercatori, agli Operatori della comunicazione, alle Forze dell’ordine, ai Vigili del fuoco, a tutti coloro che in vario modo hanno testimoniato una viva sensibilità ed attenzione all’importanza della vita comune ed all’essere tutti responsabilmente promotori di una nuova cultura di partecipazione sociale.
Anche i Vescovi di questa parte della Campania, in una loro comune dichiarazione, dello scorso 16 novembre 2012, con soddisfazione, prendevano atto di un nuovo clima di partecipazione e dicevano: “Ci rincuora non poco assistere, in questi ultimi tempi, ad un vero e proprio risveglio di civiltà e impegno da parte di tantissimi cittadini, in particolare giovani…”.
E’ trascorso un anno nel quale abbiamo tanto discusso, ci siamo radunati, incontrati: abbiamo preso coscienza del male che condiziona ed opprime il poter vivere in questa parte del mondo; abbiamo polemizzato quando ci siamo trovati imbrigliati in un senso di impotenza; abbiamo cercato con speranza un percorso verso il bene comune; abbiamo pregato riconoscendo la terra, la vita come quel dono che la sapienza luminosa del Creatore ci ha offerto e ci ha affidato.
E’ trascorso un anno nel quale, per un sensibile risveglio delle coscienze e dell’attenzione di tanti, abbiamo potuto registrare tanti buoni risultati, soprattutto in termini di nuova consapevolezza nella partecipazione democratica alla vita sociale e civile.
Guardiamo al tempo che viene
Questo anno si è concluso con un evento che speriamo possa essere il segno di un nuovo e vero modo di affrontare le nostre tristi situazioni negative. Lo scorso 11 luglio, infatti, gli Amministratori comunali del nostro territorio, i rappresentanti del Governo Nazionale e della Giunta Regionale, con le Associazioni di cittadini interessati al tema ambientale, hanno sottoscritto un patto di impegno comune per combattere i “roghi tossici”. In quell’occasione il Vice Prefetto Dott. D. Cafagna, incaricato dal Governo per l’emergenza dei “roghi tossici”, ha precisato che “La definizione del Patto rappresenta un momento, che valorizza il contributo sostanziale fornito dai diversi partners – istituzionali e non – in questi mesi di proficuo lavoro, in chiave di prevenzione e contrasto all’odioso fenomeno dello smaltimento illegale e della combustione dei rifiuti. Costituisce la tangibile testimonianza di un impegno responsabile e continuativo, che è chiamato a tradursi sempre più, da parte di tutti, in azioni concrete e improntate ai principi della trasparenza e dell’efficienza amministrativa”.
In questa condivisione di attenzione di tutti al “bene comune”, noi abbiamo fiducia. Così, ancora, ci fa ben sperare il fatto che, lo scorso 8 luglio, come nostri rappresentanti, il Reverendo Don Maurizio Patriciello ed il Dottor Antonio Marfella siano stati ascoltati a Bruxelles dalla competente Commissione del Parlamento Europeo.
Sono segni importanti che testimoniano una decisa presa di coscienza della gravità della situazione. Sono segni che nutrono la nostra speranza di vedere finalmente affrontato ciò che, nell’indifferenza generale, è stato causa di tanta sofferenza per la nostra gente. Sono segni che coinvolgono tutti in un nuovo, sapiente, pensato e generoso impegno di partecipazione civile alla vita della società.
Emergono problemi ancora più gravi
Oltre i danni provocati all’ambiente per l’abbandono incontrollato di rifiuti e per i roghi accesi per tentare di distruggerli, l’interramento indiscriminato di grosse quantità di rifiuti industriali, dopo anni, comincia a mostrare i suoi terribili effetti negativi anche sulle coltivazioni agricole.
Nella citata dichiarazione comune, dello scorso novembre, i Vescovi di questa parte della nostra regione osservavano: “I prodotti di qualità della nostra agricoltura oggi vengono respinti per paura o pregiudizi”.
Tutti ci chiediamo: se i prodotti della nostra terra risultano avvelenati, chi potrà nutrire i propri figli e le generazioni che verranno? E chi potrà guardare con serenità al futuro di questa terra campana? Le giovani generazioni dovranno pagare le conseguenze del nostro peccato?
Non vorremmo che le generazioni future debbano dire che siamo stati degli sciocchi egoisti, che ci siamo fatti abbagliare dal falso luccichio del denaro e abbiamo svenduto e perduto la ricchezza vera, quella che rimane sempre per la vita del mondo.
Con sincera onestà di spirito dobbiamo riconoscere che tanto scempio è stato causato dalla prepotenza affarista di alcuni, ma anche dal silenzio di tanti.
Davanti ad un’azione di prepotenza, che danneggia l’intera comunità, il silenzio non è solo il segno di un comprensibile atteggiamento di paura. E’ molto di più.
Il silenzio è spesso l’espressione di un vivere nell’indifferenza, nel disinteresse per tutto ciò che non ci appartiene direttamente, per tutto ciò che è pubblico, per tutto ciò che è il bene comune.
Per troppo tempo abbiamo tacitamente approvato chi sempre agisce, con furbizia e con prepotenza, a proprio vantaggio e a danno degli altri.
Un altro grave problema è venuto ultimamente ad angustiare i pensieri e le speranze della nostra gente. Non sapremmo dire quanto fosse annunciato da segnali che, forse solo gli addetti ai lavori sanno a volte interpretare. Certo, per tanti, è arrivata davvero inaspettata l’improvvisa notizia della chiusura degli stabilimenti industriali che, per alcuni decenni, hanno prodotto elettrodomestici ed una certa ricchezza per la nostra zona. Lo spettro di una gigantesca onda di disoccupazione viene ora ad aggravare le insicurezze ed i timori che già agitano il nostro vivere.
Ma anche su questo siamo chiamati ad una riflessione attenta e consapevole della realtà e della necessità di guardare al futuro con l’impegno di un’onesta e intelligente, vitale partecipazione di tutti alla vita politica e sociale.
Siamo in un momento storico impegnativo.
Qui non si tratta soltanto di una semplice rivendicazione di diritti, qui, ora, si tratta della vita dell’intero nostro territorio e del Meridione d’Italia. Chiunque ne ha autorità deve sapere che le scelte che, oggi, si vengono a fare avranno una valenza storica che caratterizzerà per lungo tempo il nostro futuro. Non basta, allora, seguire soltanto le logiche e gli interessi di un mercato sempre fluttuante, ignorando la verità stabile che è la vita delle persone.
Le Aziende, che da alcuni decenni sono venute ad impiantare le loro attività in questo territorio, hanno sicuramente contribuito ad un certo sviluppo economico e sociale della nostra popolazione, ma hanno anche stravolto e sostituito il sistema di produzione fondato sull’agricoltura, di cui vivevano le nostre famiglie, con uno industriale che, sebbene più al passo con i tempi, non era in naturale continuità con la vocazione di questa terra.
Se allora, abbagliati dall’euforia dei vantaggi dell’industrializzazione, non abbiamo guardato con lungimiranza alle conseguenze di cambiamenti che erano di portata storica per la vita della gente e della nostra società, oggi non possiamo permetterci alcuna forma di disattenzione, e tutti dobbiamo valutare attentamente ciò che si sceglierà di fare. In altre parole, non può essere la logica di un calcolato vantaggio economico di pochi a decidere della vita di tanti o della reale possibilità di sviluppo di un territorio.
Oggi, ancora più che in passato, è necessaria una politica vera, è necessario un intelligente dialogo civile, un confronto sincero e attento alla ricerca delle possibilità più efficaci per il progresso comune. Oggi, più che in passato, siamo chiamati tutti alla consapevole responsabilità di poter disegnare la forma, di dover programmare la concreta realtà che sarà la vita di questa terra per il tempo futuro.
Nuovo stile di vita
Ricordiamo la luminosa giornata del nostro incontro con il Papa Francesco.
Lo scorso 5 giugno, a Roma, eravamo in tanti della Diocesi di Aversa e, per la provvidenziale coincidenza con la Giornata Mondiale dell’Ambiente, il Santo Padre parlò a noi, ed ai moltissimi pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, invitandoci ad una sapiente ecologia, attenta alla natura e soprattutto capace di accoglienza, capace di coltivare fraternità di rapporti con tutta l’umanità.
In particolare, Papa Francesco ci incoraggiò a liberarci dalla “cultura dello scarto” che “tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti (…) e ci ha resi insensibili” al valore della natura, del creato e perfino della vita umana.
“Cultura dello scarto”! Confesso che, in quel giorno, la forza di questa parola del Santo Padre mi ha impressionato. Siamo abituati, infatti, a sentir parlare dei mali che condizionano l’umanità individuandoli nel “consumismo”, nell’“utilitarismo”, in quel modo di pensare e di vivere che si riassume nella formula “usa e getta”.
“Cultura dello scarto”, rimbomba nella mente in una forma assai più grave: non indica, infatti, soltanto un’abitudine superficiale, ma piuttosto un modo di pensare consapevole e sviluppato che considera insopportabile ogni cosa che non piace o non serve più, e, peggio, ci abitua a rifiutare anche le persone che non ci sono utili, ad allontanarle, a cacciarle via senza rispettarne o riconoscerne il valore effettivo. E’ un modo di pensare molto diffuso, per il quale siamo portati a valutare le cose della vita, solo in rapporto alla loro utilità, e quindi in rapporto alle possibilità della produzione e del guadagno economico.
In questa logica, ove manca un risultato di utilità tutto diventa rifiuto, diventa scarto inutile. Questo modo di pensare annulla la verità ed il valore dell’umanità e valuta, e facilmente giudica le stesse persone come scarti di umanità, scarti di vita. Possiamo dire che chiunque sia stato protagonista del drammatico scempio ambientale della nostra terra ha considerato come uno scarto anche la vita degli altri uomini, compresi, forse, i suoi stessi familiari ed amici.
Contro questa”cultura dello scarto” si erge la parola del Vangelo.
Gesù è il Figlio di Dio che è venuto nel mondo per compiere la volontà del Padre: per raccogliere l’umanità, disperatamente perduta nel peccato, confusa nelle mille facce di egoismi mortali. Gesù è il Signore che è venuto per trasformarci e fare di noi un popolo nuovo, un popolo capace di vivere il bene, di respirare la giustizia, di accogliere la vita come un dono e di donarla con la stessa libera generosità.
Come nella parabola evangelica, Gesù invia i suoi discepoli a convocare l’umanità, ad invitare tutti quelli che troveranno nelle strade e nelle piazze, nei crocicchi delle strade del mondo. Così “i poveri, gli storpi, i ciechi, gli zoppi” (Lc 14,21) come li descrive il Vangelo di Luca, o “cattivi e buoni” (Mt 22,10) come dice Matteo, accolgono l’invito con grande fiducia, e, da poveri uomini tristemente abbandonati alla casualità di qualche fortunata occasione di sopravvivenza, sono trasformati in “invitati” a condividere la vita del loro Signore.
Gesù incontra, ascolta, accoglie il desiderio di vita che ciascun uomo porta dentro di sé, condivide la speranza di bene che è nel cuore delle persone, invita tutti a camminare insieme con Lui, come “amici”, verso la pienezza della carità. Insieme con Lui, e nel suo nome, Gesù ci chiama ad essere accoglienti con i piccoli, con i poveri, con gli stranieri, con gli ammalati e perfino con i peccatori.
Allo stesso modo ci invita a rispettare e ad amare la natura, riconoscendo in ogni creatura il volto del Creatore, di Dio Padre che ci ha consegnato la terra come un giardino perché fosse abitata, “… non l’ha creata vuota” (Is 45,18).
Amare la nostra terra come la ama Dio è immaginarla come la sognano i nostri bambini: pulita, illuminata dalla luce del sole, vitalizzata dall’aria del vento, irrigata da acque dolci e limpide, colorata di fiori e di frutti, ricca della presenza di uomini e di donne in dialogo con la vita.
E’ utopia?
Finché ci sarà il peccato a dominare il cuore dell’uomo ci sarà sempre sfruttamento ed inquinamento. Ma il cuore dell’uomo può convertirsi alla vita e, illuminato dalla fede in Dio Creatore, può dare orientamenti nuovi alla speranza del mondo.
Papa Francesco, nella recente enciclica Lumen fidei, ha spiegato che la fede dona sapienza nuova alla vita della società umana, e ha scritto: “La fede, inoltre, nel rivelarci l’amore di Dio Creatore, ci fa rispettare maggiormente la natura, facendoci riconoscere in essa una grammatica da Lui scritta e una dimora a noi affidata perché sia coltivata e custodita; ci aiuta a trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità e sul profitto, ma che considerino il creato come dono di cui tutti siamo debitori…”. (Lf 55)
Un invito e un impegno
Se ciò che stiamo vedendo in questi tempi ci convince a cambiare modo di pensare e di vivere, dovremo davvero convertirci, sviluppare un nuovo modo di agire, una nuova attenzione, sincera e consapevole, alla vita ed alle persone con le quali abbiamo la grazia di vivere in questa magnifica terra. Anzitutto dovremo saper chiedere perdono al Signore che ci ha donato la vita, e chiedere perdono ai fratelli che soffrono a causa nostra.
Perché il chiedere perdono possa essere concreto e reale dovrà essere accompagnato da gesti veri, da gesti che testimoniano un nuovo modo di rispettare ed amare la vita in tutte le sue forme ed in tutte le sue possibilità.
Questa è la volontà di Dio.
Chi vive o agisce senza rispetto e senza amore verso la natura creata da Dio, chi non ha cura della vita dei figli di Dio, continua a peccare contro Dio, e come Giuda, per trenta denari, tradisce “il sangue innocente”(Mt 27,4).
Nei prossimi mesi di settembre e di ottobre, grazie all’impegno degli Uffici Pastorali della Curia Diocesana, ed in particolare all’Ufficio per l’Ecumenismo ed il Dialogo Interreligioso, svilupperemo diversi momenti di riflessione, di preghiera e di festa in occasione dell’ottava Giornata per la custodia del creato.
Il tema di questa giornata vuole coinvolgere in particolare la famiglia che “educa alla custodia del creato” perché in essa “si impara a condividere l’impegno a riparare le ferite… a compiere scelte di pace e di rifiuto della violenza e delle sue logiche”. (cfr. C.E.I., Messaggio per l’ottava Giornata per la custodia del creato)
Siamo tutti invitati a partecipare a questi momenti di dialogo per condividere, in fraternità, il desiderio e la speranza di far crescere una migliore sensibilità a custodire e a vivere insieme il grande bene che il Signore ci ha donato.
Per avviare un rinnovamento autentico che porti in sé la speranza di buoni frutti per la vita sociale della nostra terra dovremo anche saperci prendere qualche impegno personale e di alto valore comunitario.
Il primo impegno che suggerisco potrà essere facilmente attuato da ciascuno di noi: Fare attenzione a tenere pulito l’ambiente in cui viviamo; non abbandonare disordinatamente rifiuti riducendo gli spazi della vita comune e le strade in maleodoranti discariche a cielo aperto; curare la raccolta differenziata e tutto quanto aiuta la migliore gestione della vita sociale.
Il secondo è più difficile, quasi un’utopia irrealizzabile, ma, per un senso di giusta restituzione, sento di doverlo chiedere a chiunque ne sia responsabile: partecipare con onestà alla possibile e doverosa bonifica dei siti inquinati. Oserei chiedere a coloro che si sono resi responsabili di tanto danno di contribuire a ciò mettendo a disposizione della società quel denaro di cui si sono impossessati con l’illecito trasporto e abbandono di quei rifiuti industriali che oggi sono causa di tanti mali.
Resterà un appello senza risposta?
Sicuramente qui si misurerà il senso della nostra fede cristiana e della nostra coscienza civile. Non dimentichiamo che anche su queste situazioni risuonerà, per tanti di noi, la parola di Gesù: “Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me”.
Coraggio, fratelli, non abbiate timore di fare ciò che è bene, sempre, secondo la volontà di Dio.
Con tutta la nostra comunità cristiana della Diocesi di Aversa, invoco la benedizione del Signore su tutti voi, “uomini di buona volontà”, su voi che sentite di voler offrire ogni giorno il vostro impegno annunziando la verità, la presenza di Dio. In Lui è la fonte della vita e della pace.
+ Angelo
Vescovo
Aversa, 1 settembre 2013
VIII giornata per la custodia del creato