12 fratelli immigrati ospitati nei locali del Seminario e accompagnati dall’importante opera della Caritas diocesana
“Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi”, dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!…” Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia”. (Papa Francesco, Angelus del 06 settembre 2015)
Ed ecco il nostro gesto concreto, la nostra risposta all’appello del Papa: 12 fratelli immigrati, provenienti per la maggior parte dal Mali, tutti giovanissimi, ospitati nei locali del Seminario e accompagnati dall’importante opera della Caritas diocesana. Eppure dall’8 settembre 1725, giorno in cui fu inaugurato l’imponente edificio del Seminario voluto dal Vescovo Innico Caracciolo e realizzato dell’Architetto Carlo Buratti, questo magnifico “Cenacolo di Fede e di cultura” non ha mai visto vuoti e silenziosi i suoi corridoi, le sue Cappelle, le sue aule e i suoi dormitori. Da sempre tanti giovani e adolescenti lo abitano insieme alla comunità educativa dei sacerdoti, in una ricerca gioiosa e appassionata della volontà di Dio, insieme ai docenti del nostro Istituto scolastico, dei tanti laici, amici, associazioni e movimenti che trovano in questo luogo un punto di incontro e di scambio nel loro cammino di fede.
Abbiamo dunque fatto spazio non perché dovevamo riempire un vuoto, ma perché volevamo vivere una vocazione nella vocazione e cioè la vocazione all’accoglienza. Cosi i nostri seminaristi sperimentano fin dagli anni della loro formazione il senso vero e concreto dell’accoglienza e dell’ospitalità mettendo al centro la persona aldilà della provenienza, della lingua e della religione, costruendo ponti e arricchendosi di tanta ricchezza che questi nostri fratelli vengono a condividere con noi. Vivono la comunione e quel servizio e quell’amore che il Signore ci chiede di donare soprattutto ai poveri e ai sofferenti.
Grazie allora ai nostri fratelli immigrati per questa opportunità che ci viene data senza andare lontano, ma stando dentro “casa”, grazie Papa Francesco perché accogliendo le indicazioni del Signore le suggerisci a tutti noi.
Il Rettore
Mons. Stefano Rega